Ha un passato in una band, è pugliese e sta per pubblicare il suo primo album, affrontando retaggi culturali di chi pensa che l’arte non sia un lavoro e una pandemia da Covid: Ciliari ci prova, e lo fa attraverso la sua creatività, senza porsi alcun limite, bensì sperimentando e mettendosi sempre in gioco. Lo abbiamo intervistato.
Benvenuto, Ciliari. Partiamo dalle tue origini, pugliesi, come quelle della nostra radio. Quanto della tua terra d’origine c’è nella musica che proponi?
“Sì, sono di origini pugliesi, una terra che amo e che porto sempre con me. Lì ho le mie origini, la mia infanzia, la famiglia e gli amici di sempre. Quello che sono lo devo anche alla mia terra e in qualche modo fa sempre parte anche delle mie canzoni.”
Veniamo a te. Per chi non ti conoscesse, chi è Ciliari?
“Ciliari è un progetto nuovo e che desideravo fortemente. Lavoro da diversi anni con la musica, sia come autore che come tecnico e bakliner. Ho avuto una lunga esperienza con una band che mi ha portato in tour sui palchi di tutta Italia e non solo, con cui ho avuto modo di crescere a livello musicale e umano. Nel tempo ho anche avuto la fortuna di lavorare con tantissimi artisti nazionali ed internazionali, da cui ho preso tutto quello che potevo e alla fine ho capito che era finalmente arrivato il momento di creare qualcosa di veramente mio, che derivasse da tutte le mie esperienze, ma allo stesso tempo libero dalle logiche di mercato, dai generi o da costrizioni varie. Con Ciliari sono libero di fare quello che più mi piace!”
Prima del tuo progetto da solista, hai fondato Gli Amanti. In pratica, sei passato da una band a essere solista: come mai?
“Come dicevo nella domanda precedente, arriva un momento in cui si sente la necessità di dover creare qualcosa di veramente libero. Con Gli Amanti ho avuto la fortuna di costruire qualcosa di magico, di vivere esperienze incredibili e indimenticabili, ma a volte è necessario intraprendere strade differenti per creare qualcosa di nuovo, per andare avanti ed evolversi.”
Prima della pandemia, hai aperto numerosi concerti, tra cui Levante e Canova (solo per citarne due). Cosa ti hanno insegnato queste esperienza e cosa senti di aver donato a certi artisti?
“Con i Canova in realtà ci ho suonato molto tempo fa. Loro stavano iniziando il percorso che li avrebbe portati ad essere la band che tutti abbiamo conosciuto e imparato ad amare, e noi, come Amanti, avevamo già fatto gran parte del nostro percorso. Hanno suonato prima di noi ad un concerto a Milano e da allora li ho visti crescere e diventare grandi, con davvero molto orgoglio. Sono molto fiero di quello che hanno fatto e, anche se entrambe le band ora non ci sono più, siamo rimasti tutti buoni amici e li porto sempre nel cuore. Nel tempo comunque ho avuto la fortuna e il piacere di suonare con tantissimi artisti che sono diventati grandi nel tempo, e che reputavo già grandi anche prima che diventassero conosciuti al grande pubblico. Quindi quello che posso dire di aver imparato da questa esperienza è che, in un modo o nell’altro, e con i tempi che ci vogliono, alla fine la musica vera e sincera vince sempre.”
Recentemente hai pubblicato “Giornata di merda“, il tuo quarto singolo. Lo possiamo definire il “manifesto” di chi sbatte il mignolo del piede sul comodino?
“È decisamente un manifesto, uno Xanax per tutti i giorni ‘NO’, un antidepressivo quando qualcosa proprio non va come vorremmo. L’ho scritta per cercare di stare meglio proprio in una di quelle giornate terribili che speri finiscano in fretta. E comunque, alla fine, anche da una giornata di merda può nascere qualcosa di buono… Tipo questa canzone di cui vado molto fiero.”
Rispetto ai singoli precedentemente rilasciati, con “Giornata di merda” segui un fil rouge particolare oppure ogni canzone vive di luce propria?
“Con Ciliari l’obiettivo è proprio quello di riuscire a creare una mia identità che sia però libera dai generi, ed è per questo che alla fine il fil rouge potrebbe essere la scrittura o la mia voce, ma ogni brano ha una vita tutta sua.”
Tempo di pandemia, tempo di concerti, tempo di musica emergente: come può un giovane artista emergere in queste condizioni?
“Penso sia uno dei periodi più difficili per emergere, sia per la pandemia che ha reso complesso tutto il mondo della musica dal vivo e che ha messo in ginocchio tutto il settore, sia per il fatto che il mercato è davvero pieno di nuove proposte. Ogni venerdì esce una quantità incredibile di musica nuova ed è difficilissimo riuscire a farsi notare e ad emergere. Ma confido sempre nella forza della buona musica e nell’impegno costante!”
È in preparazione un album?
“Certo, e non vedo l’ora di farvelo ascoltare perché ne vado molto fiero. Sarà bellissimo, promesso.”
Cosa ti aspetti di ottenere attraverso la tua musica?
“La musica è anche lavoro, ed è importante comprenderlo. Pertanto mi piacerebbe riuscire a vivere del mio lavoro con serenità. Questo è un obiettivo che spero di raggiungere prima o poi. Tuttavia faccio musica perché per me è un’esigenza, un po’ come respirare, e quindi già solo riuscire a scrivere una canzone per me significa tanto, è come ossigeno e mi fa stare bene. Quindi fino ad ora devo dire che ho già ottenuto molto.”
Dalla pandemia abbiamo compreso che fare musica è un lavoro oppure c’è ancora molto da fare?
“Senza volerlo in un certo senso ho già risposto nella domanda precedente. Spero che la pandemia sia riuscita in qualche modo a chiarire questo aspetto. La musica è lavoro e deve essere considerato da tutti come un lavoro. Non nasce dal niente, ma da tanta fatica e sacrifici, spesso di molti. C’è un lavoro incredibile dietro ogni canzone, dalla scrittura alla registrazione, al mix e al mastering e poi le grafiche, la promo, l’ufficio stampa e la produzione degli eventi. Fonici, tecnici, bakliner, musicisti ecc… Non basta già solo questo a comprendere che è un lavoro? Ci vuole dedizione, esperienza, impegno, risorse. La musica è anima e verità, è una cosa rara e speciale. La musica è una cosa seria e non dobbiamo mai darla per scontata.”
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