E adesso Xo La Factory trae le conclusioni. Dopo il successo della prima edizione di Resto In Casa Tour (a cui ne è seguita una seconda dal 16 al 18 aprile 2020), l’etichetta pugliese prova a tracciare le sensazioni ultime di chi ha provato a regalare spensieratezza a chiunque fosse costretto in quarantena.
Xo La Factory: “Resto in Casa Tour ha creato empatia”
Resto In Casa Tour è stata un’iniziativa social creata, appunto, da Xo La Factory per portare la musica proprio all’interno delle case costrette in quarantena. E, nel farlo, il marchio tarantino ha realizzato numerose dirette Facebook con concerti casalinghi degli artisti presente nei propri roster. Abbiamo contattato Giuseppe Gioia, il direttore di Xo La Factory, per il commento post prima edizione.
Com’è andato il Resto in Casa Tour?
“Direi davvero bene, per quanto non sia proprio esperto di ‘eventi virtuali’ e solitamente tendo a ragionare sui concerti o sui festival che organizziamo. In due settimane di ‘live’ in streaming abbiamo raccolto quasi trentamila visualizzazioni. Ma quello che mi resterà di questa esperienza è l’empatia che si è creata. Per molte persone era diventato un appuntamento fisso, con altre ci siamo ‘conosciuti’ e avviato collaborazioni proprio grazie al resto in casa tour. Mi è piaciuta molto anche la sinergia che si è creata con i media partner: Radio Wau ha creato un vero e proprio ‘dopo festival’ in cui poter scambiare due chiacchiere con i vari artisti. Petrolio e Rocktelling hanno condiviso e impreziosito il tutto ogni giorno”.
In questo periodo di quarantena, abbiamo riscoperto il valore della musica?
“Bella domanda, davvero. Sono tentato di risponderti di sì, nel senso che forse la gente si è accorta di quanto possa essere brutta e vuota una vita senza concerti, sudore e contatto. Resta solo da capire se, quando tutto questo finirà (e, ahimè, non credo ci vorrà poco), la gente la smetterà di non considerarci e continuerà ad andare tutto per scontato. Considerando come ci ha trattati il governo di questo paese nel decreto ‘Cura Italia‘, direi che siamo partiti davvero con il piede sbagliato”.
A tuo avviso, come cambierà la musica post Coronavirus?
“Ci sto pensando quasi ogni giorno e mi trovo ad avere risposte contrastanti. Io non credo che cambierà la musica, ma il modo di fruirne e questo mi spaventa. Mi spiego meglio: so che sembra contraddittorio il fatto di preoccuparsi del mondo virtuale se siamo stati i primi ad organizzare una rassegna di concerti in streaming, ma lo abbiamo fatto più che altro per noi. Per la grande famiglia di Xo La Factory, era come voler lanciare un messaggio a chi ogni giorno divide questa strada con noi, della serie ‘Ragazzi non buttatevi giù, in qualche modo ci sono e non voglio abbandonarvi, facciamoci compagnia tutti insieme, lasciamo un messaggio’. La verità è che ho paura che tutto diventi ancora più ‘non reale’. Sopporto già poco questo mondo fatto di contatori di views, di gente che condivide storie e fa cose ma senza nessuna preparazione o competenza e spero davvero che dopo tutto questo il mondo musicale non sia popolato ancora di più da questa gentaglia”.
Quali saranno le prime misure che, a tuo avviso, bisognerà adottare per mettere in sicurezza luoghi come concerti?
“Non sono esattamente la persona più preparata in merito e onestamente non riesco nemmeno ad immaginare un concerto senza contatto. Anzi, al solo pensiero di evitare tutto questo sto male. In realtà spero che quando la cura per il COVID-19 arriverà si possa tornare pian piano ad affollare le piazze, i palasport e i piccoli club e spero che le nuove misure siano per supportare chi tutto questo lo fa da anni, sempre dato per scontato, qualcosa che esiste, che usiamo ma che poi facciamo finta di non vedere”.