La scorsa settimana vi abbiamo fatto ascoltare “Le nostre fragili certezze“, il secondo singolo di Pierpaolo Lauriola estratto dal nuovo (e terzo) album “Canzoni scritte sui muri“. Di questo brano, l’artista pugliese (nato a Manfredonia) ha detto in un comunicato stampa che ha preso ispirazione da una vicenda personale. Visto che siamo rimasti particolarmente incuriositi da queste e altre sfaccettature del suo brano, abbiamo deciso di scambiare quattro chiacchiere con il cantante.

Benvenuto, Pierpaolo Lauriola. Quali sono le nostre fragili certezze?

“Sono tutti quei momenti in cui la vita ti mette a nudo. Soprattutto nelle relazioni, queste fragili certezze diventano il banco di prova necessario per capire chi ci crediamo di essere e chi siamo davvero, esprimendo la nostra vera natura.”

“Le nostre fragili certezze” è il secondo singolo del nuovo album di inediti, “Canzoni scritte sui muri”. Come mai hai deciso di estrarre questo brano come una delle bandiere del disco?

“Più che una bandiera, questo brano è un telo su cui ho proiettato le immagini del film della canzone dove io stesso divento lo spettatore. Mi piace questo brano perché il protagonista capisce che il vero potere è mettersi al servizio degli altri.”

In merito all’album, quali feedback ti sono arrivati?

“Questo disco sta girando parecchio e si sta prendendo spazio giorno per giorno anche con il passaparola. C’è stato tanto entusiasmo soprattutto da parte delle radio indipendenti e dai giornalisti liberi. Mi piace tanto anche il dibattito privato che si è instaurato con alcuni ascoltatori che mi hanno scritto in privato che hanno sentito vicinanza alle storie raccontate nelle canzoni. Per me la musica ha un forte valore sociale e ricevere questi feedback è un gran valore.”

Hai raccontato che “Le nostre fragili certezze” nasce da un’esperienza personale. Ce la vuoi raccontare?

“Preferisco che siano le parole della canzone a raccontarla. Vorrei lasciare aperte delle interpretazioni che altrimenti diventerebbero relegate solo alla mia storia. Nel testo finale la canzone parla a tutti ed è universale. Questo è un testo che non ha paura della bontà e neanche della tenerezza.”

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Abbiamo letto che il tuo punto di riferimento artistico è il cantautorato. Secondo te, com’è cambiata la figura del cantautore negli ultimi 20 anni?

“La grande stagione dei cantautori italiani coincide con gli anni ‘70. Non erano mancati cantautori importanti anche prima di quella stagione e non sono mancati dopo. Ma si può dire che fra i primi anni Settanta e i primi anni Novanta si sono create le condizioni per consacrare quell’esperienza musicale e dare vita ad un genere e ad una tradizione. All’inizio lo stile era essenziale, nasceva voce e chitarra e spesso la canzone restava senza bisogno di arrangiamenti e orchestrazioni particolari. Oggi, alla scrittura, si associa una ricerca anche nell’arrangiamento e nella produzione del brano, andando alla ricerca non solo di un buon connubio tra parole e musica ma anche tra arrangiamento e suoni.

Sei un artista molto impegnato nel sociale, hai partecipato a numerosi eventi di carattere umanitario. Quant’è importante che un musicista possa partecipare attivamente alla vita sociale andando oltre il ruolo di semplice intrattenitore?

“La musica è un collante molto forte tra le persone. Ha per sua natura un grande merito sociale, quello di arricchire la sensibilità e amplificare le emozioni. Per me è anche un’urgenza espressiva che ha un potere catartico e liberatorio. Il ruolo del musicista nella società è fondamentale, soprattutto in quei casi in cui il racconto di quello che stiamo vivendo diventa un messaggio nella bottiglia per le future generazioni.”

Dopo aver pubblicato 3 album di inediti, chi è Pierpaolo Lauriola?

“Sono una persona che si appassiona tanto. Sono attratto dalle novità senza dimenticare il passato e non mi fermo quasi mai alla prima idea. Quando scrivi una canzone è come quando da bambini si costruiva un oggetto con i Lego, lo si contemplava per qualche giorno e alla fine lo si distruggeva per farne un altro nuovo. Questo processo creativo ti può portare ad arrivare ad una versione finale che ti soddisfa oppure a qualcosa che non pensavi potesse essere parte del tuo mondo fino a quel momento e ti fa sentire creativo e consistente.”

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pierpaolo lauriola

Qualche giorno fa a Milano c’è stata una grande manifestazione degli addetti ai lavori al mondo dello spettacolo per chiedere al governo degli aiuti. A tuo avviso, è anche grazie a manifestazioni di questo tipo che si può finalmente riconoscere la musica come un settore lavorativo vero e proprio?

“L’immagine dei bauli In Piazza Duomo a Milano è stata molto forte, così come la crisi che ha colpito il settore dello spettacolo. Sappiamo bene che i limiti imposti nei scorsi mesi sono stati indispensabili e che probabilmente le cose non miglioreranno a breve, ma queste  lavoratrici e questi lavoratori non possono essere lasciati soli perché la musica, lo spettacolo e gli eventi sono parte essenziale della nostra vita.”

Fare musica ai tempi del Covid: qual è stata l’esperienza di Pierpaolo Lauriola e come ti sei trovato a gestire personalmente la situazione dal punto di vista di un artista?

“Durante il lockdown è uscito in streaming ‘Canzoni scritte sui muri’. Ovviamente non potevo immaginare questo scenario per l’uscita del mio nuovo album nel momento in cui venivano definiti i tempi e le date di uscita, che in genere si programmano molto tempo prima, ma del resto nessuno poteva prevedere questa situazione. Ad ogni modo penso di essermi affidato più volte all’azione catartica della musica, e spero, con questi miei nuovi pezzi, di aver riempito i tempi dilatati di queste strane giornate, anche degli altri appassionati di musica.”

L’opinione pubblica italiana cosa può imparare dal Coronavirus sui temi riguardanti la musica?

“Forse questa contingenza ci ha spinto a riconsiderare il concetto di necessità. Quello che stiamo vivendo è uno stravolgimento in tutti i sensi, non solo sotto il profilo sociale ed economico, oltre che sanitario, ma anche sotto l’aspetto psicologico e antropologico. La musica può essere una terapia contro il malessere e, per dirla con le parole di Leonard Cohen, ‘Per sua natura, una canzone deve muovere da cuore a cuore’. Ma questo non basta per accendere le luci su un settore che spesso viene considerato poco più che un piacevole passatempo. Ci vuole perseveranza e bisogna continuare a dibattere sull’argomento.”

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Foto di copertina di Giuseppe Biancofiore