I Monarkaotika sono una band di Taranto (Puglia) che, qualche settimana fa, ha rilasciato il suo primo singolo, Libera, che anticipa l’album d’esordio, Meravigliosa Mente Instabile. Nel comunicato stampa di Artlovers Promotion si legge che il gruppo è caratterizzato da un “tono spensierato e anticonformista che li ha sempre contraddistinti durante questi lunghi anni di gavetta”. Gavetta che è uno dei fulcri importanti per la loro musica, come ci diranno qui di seguito. Già, perché Radio Punto Musica ha contattato i Monarkaotika per intervistarli.

Domanda classica e d’obbligo: da cosa nasce il nome Monarkaotika?

“Il nome Monarkaotika nasce dall’unione di ‘monarchia’ e ‘caos’, ma abbiamo preso spunto anche dalla farfalla monarca, che è simbolo della resurrezione”.

Non siete ancora noti al panorama nazionale, per cui anche questa domanda è abbastanza classica: come si descrivono i Monarkaotika?

“Non amiamo le presentazioni, che spesso possono essere fuorvianti. Preferiamo lasciare che sia la nostra musica a dare una perfetta definizione di noi stessi e delle nostre idee”.

Da poco è uscito il vostro primo album, Meravigliosa Mente Instabile. C’è un filo conduttore all’interno delle varie canzoni presenti oppure ognuna racconta una storia diversa?

“Ascoltandolo si nota che ognuna racconta una storia diversa, ma che c’è comunque un filo conduttore tra tutte. Lasciamo a voi scoprire qual è”.

Quali sono i risultati che vi aspettate da quest’opera?

“Non badiamo tanto ai risultati delle classifiche, se è questo che intendevi. Per noi ciò che conta è la continua evoluzione della nostra musica, per cui il ‘risultato’, se così si può chiamare, che ci aspettiamo da Meravigliosa Mente Instabile è quello di presentarci per ciò che siamo adesso e rappresentare il primo tassello del nostro lavoro”.

Radio Punto Musica e i Monarkaotika condividono una caratteristica: la Puglia. C’è qualche rimando alla vostra identità regionale nella vostra musica?

“No, non parliamo per nulla della nostra città o della nostra regione in realtà. Tutti i nostri brani sono fondamentalmente introspettivi, legati più alle emozioni e ai pensieri che nascono dalle nostre esperienze. Certo, vivendo qui, può darsi che alla base inconsciamente qualcosa della nostra Puglia e della nostra Taranto ci sia, ma se c’è non l’avevamo premeditato”.

Voi nascete a Taranto, una città che, da diversi anni, è entrata nelle cronache per i fatti riguardanti l’Ilva. A vostro avviso, cosa può fare la musica per rilanciare ancora di più un argomento che sta complicando e non poco la vita di molti residenti?

“La musica per noi è amore e protesta, ma non abbiamo mai trattato l’Ilva nei nostri testi, non certo perché non ci tocchi questa tragedia (e anzi crediamo che le nostre sonorità ne siano esse stesse in qualche modo influenzate), ma perché ci piace pensare alla musica come una terapia contro ogni male, ciascuno contro i propri. Ecco perché, invece che descrivere i fatti reali con i loro dettagli specifici, preferiamo dedicarci ad una scrittura più introspettiva, come dicevamo prima, generata dall’effetto che quei fatti hanno su di noi (lo stesso effetto che magari può generare in altre persone un’esperienza diversa)”.

Allarghiamoci un po’: che stagione sta vivendo la musica italiana? E quale contributo possono dare gli emergenti?

“Domanda giustamente frequente. Secondo noi è piuttosto palese che la dimora della musica italiana sia ormai una tv fatta di plastica senza un telecomando con il tasto off, con tanti sogni appesi come salami dai quali cola grasso per le iene. Il contributo da parte degli emergenti può essere salvifico, ma solo se a chi ha davvero delle idee viene dato il giusto spazio, cosa che per le classiche logiche di mercato difficilmente accade”.

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Spesso si dice che la musica era meglio prima. Siete d’accordo o pensate che ci sia un qualunquismo di fondo?

“Lo dice chi ascolta soltanto la musica preconfezionata nelle tv, di cui parlavamo prima, o quella delle grandi radio. C’è tanta buona musica nascosta oggi, ma non è possibile fare paragoni con altre epoche in cui il modo stesso di produrre e diffondere la musica non ha paragoni con quello che abbiamo oggi. Sicuramente anche noi siamo stati influenzati dagli anni ’90, ma le influenze sono come radiazioni che non se ne vanno, che ci sono sempre state e sempre ci saranno (perché è dal passato che nasce il presente, nulla si autogenera). Inoltre anche oggi, come in passato, la musica si evolve creando nuovi generi liberi di esprimersi (che possono piacere o no, ma ci sono). Ad ogni modo oggi si tende a pensare alla meta più che al percorso, per cui anziché farsi le ossa con una vera gavetta si cercano scorciatoie e per quello spesso siamo circondati da musica plastificata e priva di emozioni reali. Noi invece crediamo fortemente che suonare dal vivo sia l’esperienza più formativa e rappresenti l’unica vera gavetta, perché è il contatto con il pubblico vero a farti capire quando qualcosa funziona o meno. Si raccolgono così le idee e le si porta nella sala prove, per lavorarci e fare in modo che anche quel luogo più intimo diventi un’ottima scuola. Tutto il resto è fuffa”.

Ci sono degli artisti in particolare con i quali vi piacerebbe collaborare?

“Non ci abbiamo mai pensato”.

Vi facciamo una domanda semplice quanto complessa: il rock è morto?

“Noi facciamo rock. Se lo facciamo, secondo te, per noi è morto?”.

Dove puntano ad arrivare i Monarkaotika?

“Dove ci porta la musica”.

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