Simone Perrone è Blumosso, Blumosso è Simone Perrone. Ma non solo. Il salentino – nel progetto del quale, però, convergono altre tre persone – debutta nel mercato discografico con In un baule di personalità multiple, il suo primo disco. E lo fa con un’opera intima, personale, nella quale è possibile perdersi nel mare di racconti (d’amore) proposti dall’artista. Per conoscere meglio la sua vena musicale, lo abbiamo contattato.

Partiamo dagli inizi: come nasce Blumosso e come mai questo nome?

“L’idea di questo progetto nasce nel 2016. Dopo dieci anni di musica, ho sentito di dover dare voce a un lato diverso del mio carattere artistico: quello più intimista, più ricercato. Blumosso è un termine che non esiste, o meglio, non esisteva; l’ho inventato io, un giorno di qualche anno fa, per descrivere, in una poesia che stavo scrivendo, il colore del mare quando è in tempesta. Dando vita al progetto, di conseguenza, c’era da sceglierne il nome; dunque ho pensato: ‘Perché non usare Blumosso?’ (termine che, fino ad allora, avevo lasciato lì, nel mio ‘baule’… e nella mia poesia)”.

Prima dell’ultimo singolo, di cui parleremo tra poco, hai pubblicato In un albergo di Milano e Diverso. Cosa raccontavi in questi due pezzi?

“Nelle mie canzoni parlo d’amore, non mi vergogno a dirlo. D’amore e di tutto ciò che esso comporta, sia nel bene che nel male. Con le canzoni di questo disco voglio raccontare la cronaca e l’evoluzione di una storia, vissuta nelle cose quotidiane e nel proprio intimo. In un albergo di Milano e Diverso raccontano l’inizio della storia, le prime fasi”.

E invece in Quella maledetta estate, la tua canzone più recente, cosa vuoi comunicare?

Quella maledetta estate descrive un’altra fase ancora della storia che racconto: sebbene l’amore sia finito, ci sono cose e persone nella vita che è difficile dimenticare. Il ricordo di lei è ancora vivo e riaffiora sempre in superficie, come un tarlo che, inconsapevolmente, consuma piano”.

Tutto ciò culmina in ottobre, mese d’uscita del tuo primo disco, In un baule di personalità multiple. Quali sono queste personalità?

“L’amore inconsciamente ci cambia. O meglio, ci fa scoprire volti del proprio io che nemmeno noi stessi, magari, conosciamo. Le personalità di cui parlo sono proprio questi volti qui”.

Cosa si aspetta Blumosso da questo disco?

“Sono un realista io. Con questo disco ho fatto prima di tutto del bene a me stesso. Molti dicono: con la mia musica voglio cambiare il mondo, migliorarlo! Io con la mia musica voglio guarire me stesso, dalle paure, dalle incertezze, dalla cattiveria, dal mondo. Questo mi aspetto: di essere un uomo migliore. Oltre questo, vorrei anche suonare il più possibile; magari succedesse che qualcuno, scoprendo questo mio disco, si appassioni alla mia musica, non riuscendo più a farne a meno. Sarebbe una cosa bella, preziosa”.

Senti, la nostra redazione e il tuo progetto condividono una caratteristica bellissima: la Puglia. Quanta tradizione locale c’è nei tuoi testi e nella tua formazione artistica?

“Quando si parla di ‘tradizione locale’ ci si trova di fronte a una materia di discussione molto amplia; io mi limito a dire che, sicuramente, ognuno di noi è, direttamente o indirettamente, influenzato dai luoghi in cui vive. Influenzato nei gesti, nel modo di pensare, nel modo di sognare”.

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Più in particolare, quanto l’atmosfera salentina influenza la tua musica?

“L’atmosfera salentina influenza enormemente la mia musica. Non lo fa nei ritmi e o nelle sonorità, questo no, ma si manifesta nelle parole: attraverso una vita quotidianamente descritta, che porta addosso i segni di un passato e, di conseguenza di una terra di sud, ben radicati nel mio essere, ma allo stesso tempo, dai quali provo a staccarmi un po’, per provare a sbirciare fuori e vedere cosa c’è oltre il mare”.

I videoclip dei tuoi brani sono veramente particolari. Ho letto che nascono dalla fantasia di un bambino di 9 anni. Ci puoi spiegare meglio?

“Il videoclip del mio ultimo singolo, Quella Maledetta estate, è creato usando la tecnica dello stop motion e i disegni sono stati realizzati dal piccolo Leonardo, un bambino di nove anni. Per quanto riguarda invece gli altri lavori, sono opera mia e di Matteo Bemolle, il tastierista della band di Blumosso (gli altri due membri del gruppo sono RafQu – Chitarra – e Roberto Fedele – batteria – ). Oltre che musicisti e autori, amiamo dare voce all’arte in tutti i modi in cui riteniamo ‘essere capaci’: io un po’ me ne intendo di fotografia e video, Bemolle sa disegnare molto bene, abbiamo quindi pensato di unire le forze e realizzare da soli i video di Blumosso. Si tratta di processi creativi molto stimolanti. Siamo una squadra, sebbene Blumosso, nello specifico, sia io”.

Domanda di carattere generale: cosa ne pensi della musica emergente e, in particolare, delle proposte che escono fuori dal Sud Italia?

“Il mondo della musica emergente è attualmente un caos. In verità non si capisce più bene chi siano effettivamente gli emergenti; chi siano gli affermati, chi rappresenti la nicchia, chi il mainstream. Però c’è da dire che, se ci si ricorda del panorama musicale di appena tre o quattro anni fa (dittatura talent), o la moria artistica della discografia italiana dal 2005 al 2010 circa, allora penso che, al giorno d’oggi, la musica in Italia non vada poi così male. Abbiamo problemi più grandi. E poi, infondo, il presente è sempre stato in forte stato di degrado. Per quanto riguarda le proposte da Sud, mi vengono in mente 3 nomi: INude (che cantano in inglese e sembrano venuti fuori dalla Svezia, ma sono di Nardò), Gigante e La Municipàl“.

L’ultima: cosa prevedi per il tuo futuro artistico?

“Prevedo di girare e suonare per promuovere In un baule di personalità multiple il più possibile. Prevedo di chiudermi in studio, parallelamente ai live, per registrare altre canzoni che sto scrivendo e a cui, vorrei quanto prima, dare respiro“.

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