Gli Alfabeto Runico vengono dalla Puglia e, se non li conoscete, è arrivato il momento di farlo. Il 30 marzo hanno pubblicato il loro primo omonimo disco, un’insieme di creatività amalgamate per dare forma a uno spettacolo per le orecchie. Abbiamo contattato Marta Dell’Anno (voce, violino e viola), una componente del trio sotto Apogeo Records, per conoscere più approfonditamente il loro progetto.
Benvenuti, Alfabeto Runico. Come mai questo nome?
“Il primo concerto degli Alfabeto Runico è cominciato come una sorta di viaggio al centro della terra (ispirati dal romanzo di Giulio Verne) in cui, travestiti da speleologi, trovavamo, fra fossili e teschi, un’antica pergamena-mappa in uno strano ed esoterico alfabeto: l’Alfabeto Runico! Tutto si ricollega alla nostra terra, in quanto le uniche iscrizioni runiche, risalenti al tempo dei Normanni, si trovano a Monte Sant’Angelo (FG), nel santuario risalente al 493 d.c. dedicato a San Michele Arcangelo”.
Voi siete originari della nostra terra, la Puglia. Quanto c’è di pugliese nella vostra musica?
“Sicuramente moltissimo! Infatti 5 delle 13 tracce del nostro album appartengono alla tradizione pugliese e rivivono una nuova vita, grazie ad arrangiamenti in tempi dispari ed influenze mediterranee-irish-rinascimentali e tanto altro”.
A fine marzo siete stati a Foggia per un concerto. Com’è stato suonare davanti al pubblico di casa?
“Molto naturale”.
Veniamo ai vostri più recenti aggiornamenti, perché nel marzo 2018 l’Alfabeto Runico ha pubblicato l’omonimo album, a quanto abbiamo capito il primo. Nel lungo periodo, cosa vi aspettate da questa creatura? E che cosa ci avete racchiuso al suo interno?
“Il nostro primo ed omonimo lavoro discografico racchiude tutto ciò che siamo sempre stati e che abbiamo condiviso nelle nostre vite: studi classici, feste popolari, ricerche ed esplorazioni musicali e innumerevoli band e progetti passati negli anni e tuttora esistenti”.
I primi riscontri invece come sono stati?
“Molto positivi, ci scrivono lettere d’amore! C’è chi ascolta il disco tutte le mattine da due mesi, chi lo porta sempre con sé, chi vuole riascoltarci dal vivo al più presto per cantare tutte le parole insieme a noi”.
Dall’album avete estrapolato il singolo Fluid. Come mai questa scelta?
“Fluid è un brano scritto da Marta nel 2013. È una delle prime canzoni di Marta a essere riarrangiata da Alfabeto Runico, salta il trip-hop anni ’90 e si parte con un intro barocchissimo che fa spazio ad una ‘cumbia a corde’! Niki dell’Anno, della WildRatFilm, autore della splendida foto di copertina (scattata alle Saline di Margherita di Savoia) e di tutti i nostri video, e fratello di Marta, ha scelto questo pezzo per girare un video ballerino che finisce proprio alle Saline! Lui ha scelto e noi lo abbiamo seguito con sorriso”.
Siete tre teste pensanti. Come si fa a mantenere un equilibrio interno?
“L’equilibrio interno è dato dalla forte amicizia che ci lega. Ci conosciamo da più di 15 anni, da quando Andrea ne aveva 15! Ci diciamo tutto, le nostre conversazioni in chat sono lunghe e articolate, per poter prendere ogni decisione insieme, valutando i pro e i contro. Ci vogliamo molto bene, è importante per la musica che ci sia trasparenza, per far scorrere ogni nota senza filtri”.
Rispetto alla musica che siamo abituati ad ascoltare nelle radio tradizionali, gli Alfabetico Runico basano la propria realtà sul genere classico, con l’uso di violini e contrabbasso. A vostro avviso, che stagione sta vivendo la musica classica?
“Abbiamo cominciato il Conservatorio assieme, ognuno l’ha finito altrove, ricercando senza sosta ogni ‘genere’ musicale. Per noi non esiste la musica classica ‘surgelata’ nel contesto storico nel quale è nata. Esistono note che evolvono, al passo coi tempi, guardando, certo, al passato.
E il nostro passato è Schubert, Bach, Tchaikovsky, i Led Zeppelin, i Pink Floyd, Edith Piaf, Lhasa de Sela, Bob Marley, Càssia Eller, gli anziani che cantano ancora la tradizione della nostra Terra (il Nord della Puglia). Ricerchiamo ogni giorno, la musica classica è solo un colore della nostra tavolozza, ricerchiamo molto i suoni giusti per le immagini che vogliamo descrivere.
Io qui in Francia ascolto molto una radio che si chiama Fip (France Inter Paris), nata nel ’71, e la programmazione varia dalla Settima di Malher all’ultimo successo commerciale della settimana! Ecco, questa si che è una Signora Radio! Eclettica, adatta ad ogni età, ogni tipo di pubblico e ad ogni momento della giornata, che dà idee e spunti per scoprire nuovi artisti e per riassaporare il passato”.
Concerti in Italia e in Europa: la vostra formazione sta attraversando anche la Francia, avete un ampio respiro internazionale. C’è differenza di apprezzamento tra il pubblico italiano e francese?
“Marta abita a Parigi, Andrea a Trieste e Nicola a Foggia. I nostri concerti sono principalmente in lungo e in largo tra l’Italia e la Francia, anche se a giugno saremo a Zurigo e ad agosto ad un Festival a Neuchatel, sempre in Svizzera. Una neonata casa di produzione, la Podolica Production, ha organizzato il prossimo tour di dieci date, che parte proprio tra 2 settimane (l’intervista è stata realizzata il 1° giugno 2018, ndr) e che toccherà Parigi, Nizza, Angers, Genova… Siamo alla costante ricerca di posti in cui ci sia ascolto, in cui addirittura possiamo sfruttare l’acustica del posto senza microfonare nulla, siamo alla ricerca di pubblico curioso, di gente con gli occhi che brillano, e di persone così ne è pieno il mondo, in Italia come in Francia.
Basta non piegarsi ai facili compromessi, avere le idee chiare, essere coerenti, basta fare musica che innanzitutto emozioni noi per poter emozionare chi ci ascolta! E bisogna cercare luoghi adatti alla nostra musica, in Italia come altrove. In Francia vivono senza troppi fronzoli, andare ad un concerto fa parte della vita di tutti, i bambini ascoltano, i grandi non urlano. Il musicista è un lavoratore come tutti gli altri, che può pagare le tasse, che se è malato può mettersi in malattia, se ha bimbi prende la maternità, che ha le ferie pagate.
Essere musicista in Francia vuol dire vivere questa condizione ad ogni concerto, vuol dire avere un pubblico che vede il musicista con altri occhi”.
A livello internazionale, la musica classica non sembra così di nicchia. Pensiamo, ad esempio, ai Clean Bandit, noti per esser riusciti ad amalgamare due generi apparentemente diversi (il vostro e l’elettronica), tanto da arrivare anche alle orecchie degli ascoltatori italiani. Secondo voi, come mai c’è bisogno di questa commistione di generi per avere un’alta rotazione radiofonica?
“La commistione di generi è esattamente quello che cerchiamo! La musica, per noi, non ha alcun tipo di restrizione di genere! Il nostro disco ha mille sfumature ed influenze, il rock, il pop, il jazz, la classica, il reggae, il folk. Così è perché avevamo ben chiara l’immagine che volevamo dare di noi, quella più reale che ci possa essere, senza compromessi, senza la voglia di dover a tutti costi ed in breve tempo arrivare alle orecchie di tutti. Non vogliamo essere di moda, vogliamo essere senza tempo! E di radio senza tempo, in giro per il mondo, ce ne sono”.
Tornerete a suonare in Puglia un giorno?
“No, mai più! (ride, ndr). Torniamo in Puglia più che in ogni altro posto al mondo, appena possiamo, appena riusciamo. Quest’estate, di sicuro!”.