L’Università di Bari farà pagare meno tasse alle studentesse, ma solo se risponderanno a determinati requisiti economici e se saranno iscritte ad alcuni corsi di laurea dove la presenza femminile è molto bassa. La decisione è stata presa qualche giorno fa, ed è una misura introdotta per la prima volta nel nuovo regolamento delle tasse universitarie. Scopriamo i dettagli.

Università di Bari, tasse ridotte: cosa c’è da sapere

L’agevolazione delle tasse dell’Università di Bari per le studentesse si basa sul fatto che in alcune facoltà il tasso di iscrizione è circa del 30%, una percentuale che provoca un dislivello professionale nell’accesso al mondo del lavoro tra uomini e donne. Così, per aumentare il numero di studentesse in alcuni corsi di laurea (prettamente scientifici), l’Ateneo pugliese ha ben pensato di ridurre il costo del servizio.

Nel dettaglio, le studentesse che avranno un Isee inferiore a 30mila euro e saranno iscritte a facoltà con frequenza femminile sotto al 30% potranno ricevere un’agevolazione del 30% sulle tasse universitarie. Al momento, tale manovra è destinata ai corsi di laurea triennale in Informatica, Informatica e comunicazione digitale, Informatica e tecnologie per la produzione del software, Fisica, Scienze e Tecnologie agrarie e Storia e Scienze sociali e ai corsi di laurea magistrale in Computer science, Data science, Medicina delle piante, Phisics, Scienze Agro-ambientali e territoriali, Scienze e Tecniche dello sport, Scienze e Tecnologie dei materiali, Scienze strategiche marittimo-portuali e Sicurezza Informatica.

Leggi anche: DOVE SI VIVE MEGLIO IN ITALIA? L’INDAGINE SULLA QUALITÀ DELLA VITA 2020

agevolazioni studentesse università di bari

Università di Bari, il rettore: “Per le donne tempi di carriera più lunghi: fattore culturale e sociale”

Il rettore dell’Università di Bari Stefano Bronzini ha spiegato a Bari Today che la propria università sta rispondendo “a una linea europea di incentivo alle professioni che colmi il dislivello e l’accesso al mondo del lavoro maschile e femminile”. A colpire sono soprattutto le facoltà che beneficiano di questa misura: “Sono percorsi annessi a una tradizione non sempre favorevole alle studentesse – ha sottolineato Bronzini -, a partire da ambiti scolastici caratterizzati maggiormente dalla presenza maschile. C’è poi dietro un fattore culturale e sociale, al Sud più sentito, e tempi più lunghi per le donne nel fare carriera e ricerca. Osserviamo che tra i 28 e i 40 anni, dopo percorsi brillanti universitari, c’è un periodo di difficoltà, dettato da vicissitudini che ricadono sulla donna. Questioni che del resto con la pandemia abbiamo visto emergere maggiormente”.